Sono nato a Milano nel 1960, alpinista e arrampicatore della domenica, appassionato, ho timidamente esplorato tutti i terreni, roccia, ghiaccio, grandi pareti, alta quota, falesia, sassi, viaggi, vicini e lontani e poi ho provato a organizzare eventi, a divulgare, a sperimentare. La mia formazione culturale è quella di un dottore in scienze agrarie, PhD, professore aggiunto di Botany & Arboriculture al Politecnico di Milano, di professione dottore agronomo, studioso di piante e di ambiente, con focus sulla sostenibilità.
( da: S. Manzi VALCHIAVENNA rock, 2018, Ed. VERSANTE SUD)
“Frequento la Valtellina da sempre, in particolare la Valmalenco. Nel 1991 scopro la Valbodengo seguendo Paolo Cogliati. La prima volta è con Paolo il 14 giugno 1991, alla Culla, con l’apertura di Lacrime di Quarzo e il giorno seguente già all’Orizzonte Perduto per Mezzaluna. all’Orizzonte Perduto. Il 4 luglio 1991 sono in Val Garzelli sul Veliero per concludere il progetto di Conobbe Alba …
Non sembra vero.
Esiste ancora un’intera valle – dal punto di vista alpinistico – da scoprire, da esplorare, da conoscere. Un paradiso. Così con discrezione e in punta di piedi, con attenzione al territorio e agli abitanti, ma con un furioso entusiasmo ci buttiamo su ogni struttura, su ogni parete grande o piccina, non importa. La gioia di salire linee originali è la stessa, siano esse di pochi metri o di centinaia di metri.
In Valbodengo possiamo trasferire liberamente sulla roccia la nostra sensibilità e le nostre esperienze, non c’è nessuno a dettare le regole, a dire cosa si può e cosa non si deve fare.
Il gioco è entusiasmante.
Ogni parete ha bisogno di un nome, fioccano dalla nostra fantasia i toponimi Precipizio di Strem, La Caduta dei Giganti, La Culla, Il Settimo Cielo, La Ragnatela, La Parete dell’Aquila, L’Orizzonte Perduto, la Tartaruga, il Fantasma. E poi i nomi delle vie, gli accessi, gli schizzi e le relazioni delle salite sul quaderno nero di Paolo. La progressione in apertura con Paolo produce itinerari che mi danno grande soddisfazione, il progetto è di spingere l’arrampicata in libera fino al limite delle nostre capacità per ricorrere alla progressione in artificiale quando non abbiamo altra possibilità o la linea più bella ci suggerisce di forzare e tirare dritto con ogni mezzo.
Utilizziamo di tutto per la progressione, dalle protezioni veloci a fantasiose attrezzature per l’artificiale, dai chiodi agli spit dell’8 piantati con percussore a mano.
Tra arrampicate in falesia, viaggi, salite in quota, qualche grande parete qua e là, neve e sci, la Valbodengo rimane il luogo della creatività, della progettualità, del sogno.
Una tavola bianca su cui disegnare … soggetto libero”.