La mia prima volta in valB con Paolo è alla Culla il 14 giugno del lontano 1991.
Momenti di furore.
Nell’estate del 1991 è la volta delle prime assolute di strutture come la culla, poi dell’orizzonte perduto, del veliero, del settimo cielo, mentre con stupore e gioia troviamo una linea a spit già tracciata sulla placca dell’aquila.
In poche settimane apriamo per lo più dal basso con entusiasmo diversi itinerari, ricorrendo a tutto quello che abiamo dentro (niente ausilio del motore), incastrando nut, spalmando copper-head, piantando spit 8 mm a mano, correndo dietro linee che non si esauriscono mai.
Alla culla attrezziamo la prima via della struttura, dall’alto, seguendo una inclusione di quarzite che disegna la linea di salita.
Il giorno dopo è quintessenza dell’esplorazione e raggiungiamo con non poca fatica la base della placconata che chiameremo “L’orizzonte perduto.” Arrivare alla parete era stato tutt’altro che semplice.
Già perché anche la storia dei toponimi è tutta da scrivere.
Anche qui la prima via della parete segue una linea logica, al centro della parete. Al terzo tiro si incontra un diedro che sviluppa ad arco, una mezzaluna rovesciata.
Passano solo 3 giorni, in piena follia Paolo mi porta in Val Garzelli. In testa alla parte bassa della valle un contrafforte roccioso e una cascata. L’acqua arriva dalla conca della val garzelli superiore dove si trova l’alpe campo. Saliamo la via “dove il tempo bisogna trovarlo”, una dedica a questa valle in risposta alla quotidianeità fatta di frenesia.
Poi ancora in Val Garzelli, dove Paolo e Bruno avevano aperto la nostra personale epopea della ValB solo un mese prima a inizio giugno con una linea al veliero. Proseguiamo il lavoro e nasce così Conobbe Alba, un sogno in una parete di microsciti diafoni che riflettono la luce del sole e ti immergono in un abbagliante cangiore. Pensammo allora di trovarci in mezzo alle vele di un antico veliero. Forse la stanchezza iniziava a affiorare e causava brutti scherzi alla mente provata da tanta potenza.
Ad agosto dello stesso anno saliamo ancora al 7 Cielo per aprire L’Ecume des Jours e il giorno dopo ci avviciniamo alle Parete di Corte Terza. Noi forestieri lasciavamo l’auto a Bodengo per percorrere a piedi la carrozzabile di fondovalle ora accessibile a tutti.
Alle spalle del borgo di Corte Terza risalendo il bosco di imponenti faggi si raggiunge la base del primo contrafforte roccioso, una estesa placca appoggiata di roccia con tessitura molto fine, tanto che dove non ci sono tacche i passaggi in aderenza sono impegnativi.
Con sorpresa e con gioia scopriamo che al centro della placca c’è un itinerario a spit, dell’8 e distanti. Lo risaliamo con curiosità fino alla cengia mediana che divide la placca dalla seconda fascia rocciosa, più verticale, che chiameremo “Parete dell’Aquila”, per la presenza di un nido d’aquila abbandonato in prossimità di due grandi abeti rossi sulla sinistra della parete. Proviamo a forzare la parete, troviamo ancora 1-2 spit e poi più nulla. La progressione si complica, poche o nessuna fessura per nut e friend, qualche chiodo a lama e spit piantati a mano, così dopo un centinaio di metri in vista dei due abeti a cui avevamo pensato di giungere ci ritiriamo. Sopra di noi la terza fascia rocciosa: gli strapiombi. Questa via rimarrà incompiuta nonostante un ulteriore tentativo aprendo una nuova via a sinistra che ci portò qualche metro avanti, ma raggiungere gli abeti è rimasto un sogno.
Siamo alla parete del Cuore, abbiamo portato anche una tenda alla base della parete, ma non c’è un metro quadrato in piano nella grande spalla morenica ricoperta di erba a ciuffi. Paolo è pronto a rinunciare a un tetto sulla testa. Io, invece, penso che è solo tardo pomeriggio e c’è tutto il tempo per creare un rifugio. Così, con in mente le marmotte, trovo una lastra orizzontale che sbuca tra ganda e terreno, con una cavità sotto e, testa avanti, inizio a allargare il pertugio. Continuo a scavare fino a creare una vano dove stendere due materassini e passare la notte al coperto nei sacco piuma. Il rifugio si chiamerà “La tana”.
Ad ottobre ancora un paio di aperture al 7 cielo.
Poi l’inverno mi ricaccia in basso, ma Paolo non perde l’ultima dell’anno all’inizio di dicembre per aprire “Gigi la Mela” al settimo cielo con L. Barba per l’appunto.
1992
Riproviamo a salire in valle all’inizio dell’anno successivo, ma la strada è bloccata da un enorme macigno caduto non voglio sapere da dove.
Così, finalmente, come fosse un ripiego, ci caliamo nel canyon per risalire aprendo la nuova via undergorund.
Lo stile è sempre lo stesso, dettato dall’esperienza di Paolo, io sono un neofita in apertura e direi in tutto. Mi piace: dal basso, sì a qualsiasi diavoleria, no a energia esogena, neanche quella delle frontali … che non abbiamo.
Tutto quello che piazziamo nella roccia è con il solo ausilio del glicogeno dei nostri muscoli, ma soprattutto la roccia non si altera, meglio un gancio o uno spit in più per passare in artificiale che modificare la morfologia ignea.
Su alcune vie si trovano protezioni ravvicinate che testimoniano il nostro basso livello, ma non si trovano prese o appoggi migliorati, sa va sans dir “buchi”. Poi è tale e tanta la smania di cercare di vedere nuove pareti di scoprire nuove linee che non c’è tempo per fermarsi neanche a pulire gli itinerari.
Sulle vie lasciamo praticamente tutto, con tristezza per le nostre tasche abbandoniamo tanti chiodi, persino nut.
All’inizio della primavera si affaccia in valle B. Rusconi. Con Paolo sono al 7 cielo per aprire Dream Away.
Si interessa alla valle anche Ramon Maj. Insieme saliamo ad una piccola struttura in zona Bodengo che chiamiamo “Il giardino dei faggi” per la presenza di alcuni esemplari isolati e non tutti in buono stato vegetativo. Troviamo della bella roccia e zizagango tra i ginepri apriamo le due lunghezze della “Via del Ginepraio” che verrà richiodata da Simone Manzi nel 2019. Fate voi il conto degli anni.
Incalzano le aperture di Paolo al settimo cielo con la prima volta di Luca Valli per l’apertura di “La Lingua Lunga”. Paolo risale poi all’Orizzonte perduto per tracciare con B. Rusconi la seconda via della parete a cui l’enigmatico nome di Naufragio.
A settembre comincia una delle aperture più sofferte della ValB. Parto con P. Cogliati, R. Maj e S. Brambati per esplorare la bella parete incastonata tra la Parete dell’Aquila e il Precipizio di Strem, sopra Corte Terza.
In una due giorni sulla parete apriamo 6 bellissime lunghezze fino a che lo scorrere delle ore e l’imminente pioggia non ci ricacciano verso valle, in doppia lungo il colatoio del torrente di Strem, in mezzo a cascate d’acqua che bloccano il discensore nel vuoto a Sonia che si fa una mezz’oretta sospesa sotto l’acqua fredda battente. Ci vuole ancora bene, ma non ricordo di averla più vista in valle.
A ottobre siamo alla ricerca di nuovi terreni e così attacchiamo i muri strapiombanti della Caduta dei Giganti in Val garzelli. I giganti sono dei grossi abeti che si trovano in cima alla struttura, ma alcuni di loro si trovano schiantati alla base degli oltre 100 m di parete strapiombante spinti dal peso e dalle interperie.
Con Paolo e Luca Valli arrivo alla base della struttura per scoprire il terzo e ultimo reperto di precedenti chiodature in ValB. Sono due monotiri a spit distanziati ma regolari, in stile sportivo-esposto. Anche questa volta non avevamo notizie né sappiamo ancora chi sono i chiodatori. Piove ma la parete non si bagna.
In questa zona della parete addocchiamo un sistema di fessure che potrebbe portarci velocemente in alto per uscire sui boschi sommitali. Come spesso accade la realtà è diversa. Le fessure nelle rocce metamorfiche chiare non sono come le fessure in granito, sono spesso cieche con forme irregolari e bordi non paralleli dove friend e nut non lavorano bene quando non lavorano affatto. Inoltre vista da sotto la prospettiva inganna e la parete è più ripida di quanto avevamo stimato. Superata facilemente la placca basale per arrivare al un piccolo tetto che marca l’inizio del sistema di fessure dobbiamo fare i conti con la cruda realtà. Parete costantemente aggettante e fessure difficili da proteggere e allora la progressione si fa complicata e lenta. La spaccatura verticale che sola l’intera parete, che ora non appare più una fessura classica, attraverso anche un tetto orizzontale di 6 metri che Paolo supera con un’artificialata di grande eleganza. Poi il vento impetuoso che nel frattempo si è levato spinge la pioggia battente sulla parete e così, ormai stremati dalla fatica per la difficoltà della roccia e dall’arrampicata in continuo aggetto, abbandoniamo in prossimità della grande cengia che si trova a 2/3 della parete. Per percorrere gli utlimo 30 metri alla cima ci vorrano altri 2 assalti e 3 anni.
Poi non succede più nulla per quasi 9 mesi.
1993
A marzo del 1993, in un suo momento di disattenzione riesco a portare Paolo a strutture più vicine, ma non per questo meno complicate da risolvere. Siamo così alle Rocce di Gualdo. Con Nicoletta Costi attrezziamo dal basso il monotiro “Il gioco dei Lilla”, mentre Paolo in cerca di adrenalina apre in solitaria Bedolina, un monotiro di 40 m di V+, con 1 chiodo e piazzando 3 nut, per la gioia di chi mai volesse ripetitere la lunghezza.
Per rifarsi della battuta d’arresto in bassa valle, Paolo sale con Luca Valli all’Orizzonte Perduto e apre Hannibal the Cannibal.
Il giorno dopo, il 18 di marzo, scopriamo le Placche Verdi. Ai soliti noti, Paolo, il sottoscritto e Luca Valli si aggiunge Vittorio Tamagni, per l’occasione soprannominato il bestio. Così Vittorio ed io apriamo “il Bestio” e in contemporanea a pochi metri a sinistra Luca e Paolo tracciano “Mille Cristalli”, le prime vie della bastionata.
Nel maggio 1993 torno sul progetto delle fessure strapiombati alla Caduta dei Giganti, questa volta con Vittorio Tamagni e Luca Mozzati. Risaliamo le quattro lunghezze fino alla ampia cengia, con tanto di grottino. Dopo tanto strapiombo ci piace rimetterci sui piedi, così camminiamo una ventina di m a destra e ripartiamo in una ampia convessità della parete. Anche questa volta la vista dal basso non permette di valutare la ripidezza della parete. Dopo pochi metri la parete comincia a spanciare su roccia chiara povera di appigli e priva di fratture. Senza potere usare protezioni veloci e chiodi, con ganci molto precari e con la sola possiblità di spit piantati a mano arriviamo in breve a fine corsa delle energie e così ci ritiriamo in doppia utilizzando anche la sosta dei monotiri ad opera di sconosciuti.
A fine mese si apre una nuova saga, quella del grande scudo sopra il rifugio Lavorerio, a cui daremo il nome di “Tartaruga” per la sua forma. Visto dal rifugio la grande placconata appoggiata è il carapace con in alto a destra la “Testa della Tartaruga” e sul margine in basso sulla sinistra la “Coda della Tartaruga”. L’avvicinamento da Barzena di oltre 1000 m di dislivello con il materiale per l’apertura di un itinerario di 500 m diviso in sole due persone è impegnativo. La Val Pilotera è selvaggia, dalla destra idrografica dopo Prà l’Oste si attraversa la forra su un ponte sospeso, il “Pont Secret”. Arrivati sotto la Tartaruga saliamo slegati la Coda della Tartaruga, una ampia lingua di roccia appoggiata e pulita di quasi 150 m. Alla base del carapace attacchiamo sulla destra e apriamo Galapagos, divertenti 10 lunghezze in cui lasciamo 10 spit da 8 mm, quelli delle soste.
È l’anno delle grandi pareti. A luglio raggiungiamo con Luca Valli la base della struttura più imponente della ValB a cui diamo il nome di Precipizio dei Strem: “Strem” è il nome dell’Alpe che sovrasta la parete e “Precipizio” non necessità di spiega. Un primo assato ad inizio di luglio per arrivare sopra il tetto a wafer e 15 giorni dopo torniamo con Vittorio Tamagni per altre 4 lunghezze. L’ennesimo temporale spegne gli ardori costringendoci alla ritirata lasciandoci alle spalle una striscia di corde fisse.
Tempo per Paolo e Luca valli di aprire “Cascata di Pietra”, il secondo itinerario sulla Placca del Sole che Nasce in Val Garzelli che il quartetto maleassortito, Paolo, Luca, Vittorio e il sottoscritto, parte per El Cap in Yosemite.
1994
Con Paolo risaliamo in ValB nel gennaio del 1994 per aprire due itinerari alla Bastionata di Tiolo. Sempre intorno a Barzena chiodiamo il Filo di Arianna alle Placche di Barzena; la roccia è bella, ma l’itenario è discontinuo e a tratti si deve seguire la striscia roccia da seguire, da cui il nome.
Sempre in zona barzena scopriamo poi una parete nascosta, per l’appunto il Fantasma. Che ci fosse qualcosa l’avevamo intuito, ma quello che ti appare quando oltrepassi la spalla del canalone nel quale è infossata la parete è oltre oni aspettativa. Ottimo granito per 240 m di sviluppo della via Spina di Mul.
A fine maggio un progetto folle su una parete tutta da scoprire. Un avvicinamento che vale da solo una l’apertura di una via. Arrivati alla base, la parete è immensa, forse 300-400 m, bagnata fino alla prima cengia. Salita la prima fascia di roccia, ci lanciamo nel cuore di roccia chiara della grande placca centrale. Riusciamo con ogni mezzo e forzando l’artificiale a salire un centinaio di metri. È quello che i nostri fisici ci concedono di fare in una giornata. Così torniamo a valle lasciando lassù in alto in compagnia delle aquile un folle tentativo. Per chi volesse concludere questo sogno abbiamo battezzato la struttura l’anfiteatro e condiglio di fare un bivacco alla base per prendersi un’intera giornata per arrivare fino in cima, anche se non è chiaro quale sia la cima di questo gigante.
Torniamo alla Caduta dei Giganti e con Paolo riusciamo a salire un piccolo capolavoro per logicità della linea e ritmo successione delle situazioni. Uscendo in cima con le mani aggrappate all’erba del piano sommitale mi venne in mente una situazione raccontata da Jeff Long in “Angeli di Luce” e così la via si chiama “La visisera”.
Ma un tarlo lavora nelle nostre menti malate. Il progetto della prima salita del Precipizio di Strem. Trovare compagni non è cosa facile e così in un giorno di fine luglio ripartiamo Paolo e io, carichi come multi decisi di mettere i piedi sui prati dell’Alpe di Strem per la via più diretta, la grande parete aggettante. Un’arrogante sensazione di onnipotenza ci ottenebra la mente dopo l’esperienza yosemitica di El cap. più con la testa che con il fisico in 3 giorni ci ritroviamo di prima mattina in piedi sui prati che incorniciano il bordo del baratro. Un importante capitolo della nostra esperienza bodenga si era così concluso e aprire un nuovo libro che vede Strem solcato da tante vie entusiasmanti e i nomi degli apritori sono in ordine cronologico Simone Pedeferri, Marco Vago, Guido Lisignoli, Andrea Mariani, Chino Geronimi … fino a Simone Manzi che mi ha fatto il regalo di farmi risalire la parete fino in cima al pilastro staccato nel 2019, esattamente 25 anni dopo la mia prima e fino ad allora unica ascensione di Strem.
Appagato, scarico di fisico e di testa, per me l’anno si chiude presto. Paolo si concede una pascolata autunnale con il socio, anche di lavoro, Davide Andreoli per una prima esplorazione dei contrafforti di Corte Seconda
1995
È il momento di esplorare la parte alta del sistema di placche che un tempo scendevano ininterrotte dal sentiero appena fuori l’abitato di Barzena in direzione Bodengo fino al Boggia e che ora sono tagliate in due dalla costruzione della nuova strada carrozzabile. L’antico sentiero infatti passava un centinaio di metri più in alto dell’attuale sedime stradale rispettando la morfologia dei luoghi o, meno nobilmente, perché non dotati dei nostri attuali mezzi di distruzione.
Ci caliamo fino al ciglio del salto artificiale creato dal taglio delle placche per creare il sedime stradale. È struggente rendersi conto da questo punto di osseravzaione la strada è nascosta alla vista e le placche sembrano un tuttuno da Barzena al letto del Boggia.
Risalendo dal basso, dopo un primo tratto in comune creiamo due itinerari. Quello a destra è più semplice e proteggibile e ci riporta rapidamente in cima alla struttura e prende il nome di “On the road” per l’appunto. Poi ci ricaliamo e pieghiamo a sinistra verso la parte più compatta e un poco più verticale della placca, meno proteggibile e che richiede l’uso di 3 spit di progressione … in 50 m. Arrivati in sosta siamo attirati dallo scudo compatto sotto di noi e ci divertiamo a provare un possibile itinerario con la corda dall’alto, che però non attrezziamo che chiamiamo “top rope”. Proseguiamo sulla sinistra per tornare sul sentiero e questo secondo itinerario lo schiamiamo “Zebra crossing”.
L’estate prosegue con Paolo tra la Culla e le Placche verdi in compagnia di Jennifer Coe, Davide Andreoli, Armando, G. Barba a cui si aggiungono con compagni vari A. Brandi, Luciano e Walter Strada.
L’epopea della via delle fessure strapiombati alla Caduta dei Giganti, poi chiamata Adrenaline Unlimited, si chiude 3 anni dopo il suo inizio. Con Paolo decidiamo di chiudere la partita. In partenza decidiamo di prendere la fessura una decina di metri più in alto, con una variante in partenza, per evitare un dente di roccia sul primo tetto che non ci convince. Arrivando in prossimità della cengia decidiamo di spostarci leggermente a sinistra forzando il breve strampiombo per poi riprendere il sistema di fessure che ci porta in cima alla struttura fino al sentiero che passa sui boschi sommitali per una gradevole discesa a piedi sul lato destro della struttura.
1996
Nel 1996 pare non esserci movimento in valle.
1997
All’inizio del 1997 c’è attività alla Caduta dei Giganti e in compagnia di M. Anghileri, V. Tamagni e H. Funk , un tedesco quasi naturalizzato con cui dividerò nell’anno qualche via in Wenden e Marmolada, apriamo alcune lunghezze, nessuna che si risolve in una via completa, che esce sul bosco sommitale sorvegliato dai Giganti.
In estate l’attenzione si sposta alla Parete dell’Aquila con una incompiuta di Cogliati e Valli e la via Cinque pezzi facili di N. Costi e N. Noè sulla destra della Placca dell’Aquila.
L’Orizzonte Perduto registra l’apertura di due nuove vie da parte di due nuove cordate sulla parete, A. Gogna, A. Recalcati aprono la Via Ribelli della Montagna e G. Santambrogio, A. Superti aprono Via del Besalesc, con quest’ultimo che mi raccontava stupito che si aspettava di non trovare nulla lassù in alto lontatano dalle comodità e che attaccò la sua via convinto di una prima della struttura e invece si trovò a a zizagare tra Mezzaluna e Naufragio per tracciare una linea indipendente!
1998
Nel 1998 le prime chiodature di M. Sertori e M. Geronimi, con P. Pezzini e M. Beltramini.
Con Paolo iniziamo l’anno con un bel progetto all’Orizzonte Perduto: andare oltre mezzaluna ad esplorare la fascia di rocce più verticale e tormentata sovrastante la grande placca monolitica. In una giornata di aprile esce dal cilindro Mezzaluna nel cielo, 11 lunghezze per uno sviluppo di quasi 500 m che arriva in prossimità della cima del Mott, con l’immacabile compagnia dell’aquila che sorveglia la nostra discreta presenza con ampi volteggi.
Porto sempre più amici a conoscere la ValB, prima alla Caduta dei Giganti in compagnia di C. Bezza, M. Maggioni.
Torniamo finalmente alla Ragnatela con P. Cogliati e M. Maggioni convinti di chiudere la partita. Risaliamo le 6 lunghezze aperte 6 anni prima e apriamo la 7 lunghezza quando una pesante lastra di roccia scivola sul braccio di Michele fratturandolo. Complicata discesa alla base della Parete e poi per ripide rocce e boschi in piedi a Corte Terza e ancora a piedi a Bodengo, dove ci attendeva l’auto. Povero Michele. Ai tempi non i cellulari non erano diffusi e non si chiamava l’elicottero per una frattura al braccio.
Smaltito il dipiacere, deciso quanto mai a chiudere questo progetto, il mese dopo mi ripresento sulla parete con N. Berzi … con una scivolata di stile. Ho con me un trapano! Le due ultime lunghezze sono state aperte dal basso ma con fix dell’8 grazie al trapano. Salendo ancora oggi per la variante Lisignoli con luccicanti piastrine che attirano i ripetitori, ma questa è un’altra storia, mi dicono che trovate nelle ultime due lunghezze ancora il materiale di quasi 25 anni fa. Attenzione. Non sono più tornato su quella via anche se è mia intenzione farlo per sostituire il materiale sulla via originale, quella aperta dal basso, con tutte le tortuosità testimoni di una prima ascensione in terreno sconosciuto.
Userò ancora il trapano quall’anno per richiodare Cinque pezzi facili alla Placca dell’Aquila, un sasso in prossimità del parcheggio di Corte terza e poi più nulla. Ho aperto poco negli anni successivi, ma comunque sono tornato al piantaspit a mano, più divertente e eclettico, ringraziando poi chi con la macchina infernale ha sostituito i fragili spit dell’8 con rassicuranti fix del 10, un po’ meno chi, a volte anche calandosi sugli itinerari, ha raddrizzato il tracciato originale aggiungendo a proprio piacimento punti di assicurazione. Pace, non è così importante, però potete capire perché ho in animo di risalire alla Ragnatela e ripercorrere Galassie in Movimento che passa anche una cinquantina di metri a destra della via ora ripetuta.
1999
Luglio è il mese delle grandi esplorazioni e aperture in ValB. È il caso anche della via Danza del Serpente sulla NW del Pizzo Cavregasco (2545 m). Lasciata l’auto a Bodengo, con Paolo e C. Sposito alla sua prima uscita in valle arriviamo a Corte Prima dove bivacchiamo al riparo di un grande macigno. Il giorno dopo raggiungiamo di buon’ora la base del Cuore che aggiriamo a sinistra per una interminabile pascolata di 1.200 m di sviluppo tra tratti ripidi e pendii rocciosi di raccordo. Arriviamo sul far della sera in cima al Cavregasco per un secondo bivacco. Battesimo di fuoco per l’allora ventenne Carlo che non si vedrà più in valB, ora è un pezzo grosso della trapiantologia a livello mondiale. Un saluto.
A me basta per quest’anno. Paolo ha ancora la forza per risalire la Val Pilotera con D. Andreoli per aprire Luna piena, il secondo itinerario della Tartaruga.
La mia storia in valB potrebbe fermarsi qui, negli anni ’90. Nel nuovo millennio solo sporadiche apparizioni.
2000
Il nuovo millennio è un grande fermento.
Si accendono le luci della ribalta sulla ValB: l’uscita della guida della Mesolcina di Gogna, alcuni articoli sulla Rivista della montagna e sulla Rivista del CAI e poi le diverse edizioni delle Guide di Arrampicata di VERSANTESUD.
Nel 2000 con Paolo Morabito apriamo un paio di itinerari alla Scivolo di Corte Terza, dove per l’ultima volta troviamo traccia di un unico vecchio itinerario precedente al nostro arrivo in valle.
Nel 2001 altra scivolata di stile con l’apertura dall’alto con P. Cogliati di un itinerario alla nuova struttura delle Placche nere.
Nel frattempo nuovi itinerari da parte di una lunga teoria di chiodatori su strutture già conosciute, dalle Rocce di Gualdo al Canyon Boggia, a La Ragnatela, alla Culla.
Nel 2003, a dieci anni di distanza, G. Lisignoli, Mazza, C. Zani aprono La Bella e la Bestia, il secondo itinerario sul Precipizio di Strem e nel 2007 Pio Guanella con D.Guanella, M.Bertolini risolvono la fascia strapiombante della Parete dell’Aquila con NIENTE PAURA, una via di 320 m che parte dalle appoggiate placche alla base fino a raggiungere i tetti degli ultimi metri in un crescendo rossiniano.
Nei primi anni del 2000 appaiono in valle sempre più o meno sistematicamente C. Zani , M. Sertori, Paul Brunner e Andreas Bahler, G. Lisignoli, G. Mazza, U. Pasqualotto R. Rossi, T. Salvadori, P. Toniato, M. Del Tredici, G. Crotti, Chino Geronimi, Pio Guanella, D.Guanella, M.Bertolini, A. Mariani e D. Del Curto, fino ai cugini Capelli, Alessandro e Emanuele che con Nicola Castelnuovo riaprono la fase delle esplorazioni di nuove pareti.
Torno in ValB dopo 8 anni con Paolo per vedere il Fantasma Ovest, una struttura che Paolo aveva assaggiato con un paio di linee incompiute in solitaria. Si torna alla modalità apertura dal basso e con piantaspit a mano e conlcudendo il tentativo di sinistra viene fuori Non è mai troppo tardi, 3 lunghezze su ottima roccia che terminano su un avancorpo, così da lasciare ancora aperto la risoluzione dell’intera parete.
La stessa estate, sempre con Paolo raggiungiamo l’amico Davide Grassi che sta chiodando stile falesia, in perfetta solitudine con la sua cagnetta, un struttura sulla destra della Caduta dei Giganti e che chiama Paradis di Om. Durante questa visita con Paolo saliamo dal basso la Via di Sinistra che concluderà e attrezzera a fix D. Grassi, che ci lascerà sulle nevi del Monte Bianco e che in ValB è ora ricordato anche dalla via PER DAVIDE di Guido Lisignoli, Bernhard Falett al Precipizio di Strem.
Nel 2013, per festeggiare i 25 anni della prima via sulla Tartaruga, con P. Cogliati, Noè, A. Capelli, E. Capelli, Rossignoli torniamo in Val Pilotera e attacchiamo la grande struttura nel punto più basso per una interminabile pascolata di 12 tiri di difficoltà contenute fino a incrociare le ultime 3 lunghezze della via Galapagos che portano sulla cresta sommitale.
La storia più recente racconta di Simone Manzi, un finanziere del soccorso alpino e ora anche guida alpina che con diversi compagni apre, richioda, ripete praticamente tutti gli itinerari della ValB e pubblica con Versantesud una pregevole e dettagliata guida della ValB.
Torno in ValB appena prima della pandemia con S. Manzi e E. Limonta per ripetere il Vecchio e il Ginepro, una via di S. Manzi e A . Mariani al Precipizio di Strem che sale in cima al Pilastro staccato.